L'art. 65 del cd. Decreto "Cura Italia" del 17.03.2020 prevede un credito d'imposta pari al 60% dell'importo del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per i soli immobili accatastati nella categoria C/1 in favore dei soggettti esercenti attività d'impresa.
Al di là della esiguità e parzialità della misura, vale la pena di precisare come essa abbia sì un effetto sui contratti di locazione in corso ma non incida direttamente in quella che è la complessità dei rapporti contrattuali tra locatore (proprietario, ma non sempre e non necessariamente) e conduttore (affittuario), investendo unicamente il rapporto tra conduttore e Fisco.
Il locatore è garantito nel pagamento dei canoni, mentre il locatore può ottenere un'agevolazione in termini di risparmio d'imposta: è del tutto evidente quindi come il primo goda di un vantaggio immediato (continuando a percepire i canoni normalmente, come se nulla fosse accaduto), mentre il secondo potrà godere solo in futuro di un eventuale risparmio.
Ma il vero problema che le imprese si pongono, e che l'intervento governativo non ha risolto, è la mancanza di liquidità e l'interruzione dei flussi finanziari a fronte della forzata chiusura e/o limitazione dell'attività e quindi gli interrogativi sono: come pagare i canoni quando non vi sono ricavi, quale sarà la sorte del contratto nel caso la situazione di emergenza non cessi, con quali strumenti l'impresa si può tutelare a fronte di una simile situazione, quali iniziative potrebbe assumere il locatore?
A questo punto bisogna ricordare come il nostro codice civile preveda alcuni articoli, l'art. 1218, l'art. 1256 c.c., l'art. 1258 c.c., l'art. 1463, l'art. 1464 e l'art. 1467 che consentono alle parti di mitigare gli effetti di eventi esterni e di giungere, a seconda dei casi, ad una rinegoziazione del contratto o addirittura alla sua risoluzione.
In questo senso l’art. 91 del decreto “Cura Italia” prevede :”il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”, introducendo così una sorta di clausola di forza maggiore ex lege, laddove i contratti intercorsi tra le parti non l’abbiano espressamente contemplata.
Usualmente nei contratti di diritto interno non si presta sufficiente attenzione ai fatti e alle circostanze che nel corso del contratto possono condurre ad uno squilibrio delle posizioni e delle prestazioni, utilizzando la rituale ma non sempre efficace clausola "per quanto non previsto dal presente contratto si rimanda alle disposizioni di legge in materia".
• Art. 1218 c.c.: detto articolo riguarda la obbligazioni in generale e in buona sostanza dispone che la parte che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuta a risarcire il danno se non prova che l'inadempimento o il ritardo è determinato da impossibilità ad essa non imputabile. Per andare al caso del COVID-19 è evidente come la diffusione di tale virus, qualificata come pandemia dall'OMS, possa esonerare da responsabilità solo nel caso in cui colpisca direttamente la parte che deve adempiere (sempre che questa parte sia l'unica persona in grado di fornire quella prestazione e non vi siano preposti e/o collaboratori in grado di sostituirla). Qualora il virus rappresenti invece il presupposto per l'adozione di provvedimenti dell'autorità (ordini di chiusura, sospensioni, limitazioni all'esercizio ecc.) saranno questi provvedimenti a rappresentare giusta causa di esonero da responsabilità. L'inosservanza di tali disposizioni infatti può anche comportare sanzioni di carattere penale.
Si verte in pratica in ipotesi di "forza maggiore" che realizza il presupposto della mancanza di colpa che a sua volta libera il debitore dagli obblighi assunti.
Si badi bene che ogni qualvolta si verifichi un evento di forza maggiore o comunque connotato da imprevedibilità è necessario inviare una comunicazione alla controparte contrattuale rappresentando la situazione e l'impossibilità di farvi fronte fino alla cessazione dell'evento. Parimenti è necessario, in ossequio al principio di buona fede contrattuale, comunicare la cessazione dell'evento qualificabile come forza maggiore nel momento in cui ciò si dovesse verificare.
• L'art. 1463 c.c. tratta la fattispecie dell'impossibilità sopravvenuta totale, l'art. 1464 c.c. quella parziale. Le norme in esame trovano il loro presupposto nell'art. 1218 c.c. ma soprattutto negli artt. 1256 e 1258 c.c. e sono dirette a regolare la risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive (tipico il caso della locazione commerciale appunto).
Qualora il debitore non possa più essere ritenuto obbligato alla prestazione o il creditore obbligato a riceverla, anche temporaneamente, entrambi hanno diritto a chiedere la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta o quanto meno la sospensione del contratto. Nel caso in cui la prestazione di una parte sia divenuta solo parzialmente eseguibile, l'altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta ma può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile ad un adempimento solo parziale.
• L'art. 1467 c.c. infine tratta l'ipotesi della eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può offrire di modificare equamente le condizioni del contratto.
Tornando all'argomento trattato, e premesso che è indispensabile valutare ogni singolo contratto, si può pacificamente affermare che il blocco totale o parziale di talune attività e in ogni caso la contrazione dei ricavi collegata all'interruzione forzata di vasti settori dell'economia, possono legittimare una serie di richieste giuridicamente fondate idonee ad affrontare la pesante situazione in atto.
Avv. Stefano Sartore - foro di Venezia
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